SAN CARLO BORROMEO, VESCOVO
Gv 10, 11-15
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo. Diceva il Signore Gesù ai farisei: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore».
Franco Brambilla
Il Vangelo di oggi ci presenta la similitudine del buon pastore: Gesù è il buon pastore, è un'immagine biblica per antonomasia, un'immagine molto presente nella Bibbia: il pastore è colui che conduce il suo gregge, che lo cura, che gli sta davanti, ma anche vicino.
Ma soprattutto il brano di oggi mette in luce due cose particolari del pastore: il pastore conosce le pecore, le conosce una a una e il pastore offre la sua vita per le pecore, anzi “mette in gioco” la sua vita per le pecore. Di fronte al pericolo, di fronte a qualsiasi difficoltà che le pecore si trovano ad affrontare, il pastore offre la sua vita, si mette lui davanti, disposto a dare la sua vita per le pecore.
Gesù dice: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me e io offro la vita per le pecore".
E l'ha fatto, e l’ha fatto sulla croce per tutti noi. Diverso è il mercenario quello che lavora per denaro, quello che non è il vero pastore, quello che non ha fatto questa scelta di vita, ma quello che lo fa per un qualsiasi motivo, una qualsiasi opportunità. Il mercenario fugge davanti al pericolo, abbandona le pecore, non gli interessano le pecore, interessa quello che è il suo lavoro.
Allora anche noi possiamo porci di fronte a questo paragone e chiederci se anche noi siamo pastori uno o siamo mercenari rispetto alle pecore che ci sono affidate.
Genitori nei confronti dei figli, i figli nei confronti dei genitori, magari anziani, insegnanti nei confronti dei propri allievi, gli educatori nei confronti dei ragazzi che sono affidati loro.
Tutti siamo in qualche modo un po' pastori, tutti abbiamo la responsabilità nei confronti di altre persone.
E allora siamo pastori o siamo mercenari?
E vorrei concludere con il ricordo di uno che effettivamente è stato pastore: padre Fausto Tentori, un missionario del Pime ucciso nelle Filippine: ha dato la sua vita per i suoi ragazzi, ha dato la sua vita per le persone che gli erano state affidate e per questo è stato un buon pastore, come Gesù.
Santo del Giorno
Oggi 04 novembre si venera:
San Carlo Borromeo

autore: Orazio Borgianni anno: 1611-1612
titolo: San Carlo Borromeo in adorazione della Trinità
luogo: Chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane, Roma
Nome: San Carlo Borromeo
Titolo: Vescovo
Nome di battesimo: Carlo Borromeo
Nascita: 2 ottobre 1538, Arona, Novara
Morte: 3 novembre 1584, Milano
Ricorrenza: 4 novembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Memoria liturgica
Patrono di:
Lombardia, Peschiera Borromeo, Rovato, Rocca di Papa, Casalmaggiore, Portomaggiore, Salò, Nizza Monferrato, Fiesso d'Artico, Marcallo con Casone
Protettore:
catechisti, direttori spirituali, malati di stomaco, meleti, seminaristi, vescovi
Canonizzazione:
1 novembre 1610, Roma, papa Paolo V
Luogo reliquie: Scurolo di San Carlo
San Carlo, fulgida gloria della Chiesa, nacque ad Arona sul Lago Maggiore il 2 ottobre 1538 dal conte Gilberto Borromeo e Margherita de’ Medici, nella stanza detta all’epoca “dei Tre Laghi” e oggi chiamata “di San Carlo” in suo onore. Venne battezzato poco dopo nella chiesa parrocchiale di Arona.
Gli studi e la conversione
Dopo i primi studi, fu inviato all’Università di Pavia per studiare diritto; qui gli giunse la notizia che uno zio materno, il cardinale de’ Medici, era stato eletto Papa col nome di Pio IV. Dobbiamo riconoscere che egli cedette, in gioventù, alle consuetudini mondane del suo secolo; ma la morte del fratello Federico gli mostrò la vanità delle cose umane. Docile alla voce di Dio, riformò completamente se stesso e i suoi familiari, dandosi a una vita austera e penitente.
Cardinale e Arcivescovo di Milano
Poco più che ventenne fu creato cardinal segretario del Papa e in seguito nominato arcivescovo di Milano. Come segretario, lavorò con zelo indefesso per il Concilio di Trento e poi per l’attuazione pratica dei decreti emanati dal concilio stesso.

titolo S. Carlo assiste lo zio morente Pio IV
autore Raymond Balze anno 1856
Morto Pio IV, suo zio, San Carlo lasciò Roma per recarsi alla sua sede arcivescovile, allora ridotta in condizioni tali da scoraggiare qualsiasi tentativo di riforma. Ma l’arcivescovo non indietreggiò: con prudenza e fortezza si diede ad abbattere e poi a riedificare. Pubblicò subito i decreti del Concilio di Trento, praticandoli egli per primo: eliminò dal suo palazzo ogni pompa secolare e vendette quanto aveva di superfluo, donandone il ricavato ai poveri.
Le riforme e l’attività pastorale
Convinto che il mezzo migliore per riformare il popolo fosse formare buoni sacerdoti, seguendo le norme del Concilio fondò diversi seminari e istituì la Congregazione degli Oblati.
Infiammato da zelo apostolico, percorse più volte la sua vasta arcidiocesi nelle visite pastorali. Visitò anche Roma, il Piemonte, Trento, la Svizzera e molti altri luoghi, ovunque portando l’esempio della sua pietà. Nei suoi viaggi visitava i santuari più celebri, lasciando ovunque segni della sua profonda devozione.

titolo S. Carlo Borromeo comunica un appestato
autore Carlo Saraceni anno 1618-19
La peste di Milano
La sua carità e il suo zelo risplendettero soprattutto durante la terribile peste di Milano, scoppiata mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572. Mentre i personaggi più illustri fuggivano terrorizzati, San Carlo tornò prontamente in città, organizzando l’assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri e l’aiuto ai moribondi. Era il primo ovunque, sempre d’esempio. Per invocare l’aiuto divino, indisse processioni di penitenza alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni.
Alla peste seguì una gravissima carestia, e il santo prelato, dopo aver dato tutto ciò che possedeva, vendette i mobili dell’arcivescovado e contrasse anche forti debiti per soccorrere i bisognosi.
Gli ultimi giorni
Nell’ottobre del 1584 si ritirò sul Monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Lì si ammalò e, trasportato a Milano, spirò il 3 novembre dello stesso anno.
PRATICA. Riconosciamo nei sacerdoti, e specialmente nei vescovi, il diritto di pascere le anime e condurre i popoli a Dio, e siamo docili alle loro direttive.
PREGHIERA. Custodisci, o Signore, la tua Chiesa colla continua protezione di S. Carlo, confessore e vescovo, sicchè, come la sollecitudine pastorale lo rese glorioso, così la sua intercessione ci renda sempre fervorosi nel tuo servizio.
MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di san Carlo Borromeo, vescovo, che, fatto cardinale da suo zio il papa Pio IV ed eletto vescovo di Milano, fu in questa sede vero pastore attento alle necessità della Chiesa del suo tempo: indisse sinodi e istituì seminari per provvedere alla formazione del clero, visitò più volte tutto il suo gregge per incoraggiare la crescita della vita cristiana ed emanò molti decreti in ordine alla salvezza delle anime. Passò alla patria celeste il giorno precedente a questo.
ICONOGRAFIA
L’iconografia di san Carlo Borromeo è molto ricca e varia, gli elementi più comuni che lo caratterizzano sono:
L’abbigliamento vescovile o da cardinale, semplice o fastoso, o i paramenti liturgici, a seconda del contesto e del messaggio che si vuole trasmettere. Spesso indossa il rocchetto e la mozzetta, simboli della sua autorità e della sua umiltà .

titolo S. Carlo in orazione
autore Guercino anno 1613-14
Il libro, che tiene nella mano sinistra o sul tavolo, che rappresenta la sua cultura e la sua devozione alla Parola di Dio. Il libro può essere la Bibbia, il breviario, le opere dei Padri della Chiesa o le sue stesse opere.

titolo S. Carlo Borromeo
autore Orazio Borgianni anno 1610-16
Il gesto della benedizione, che fa con il braccio destro, che esprime la sua carità pastorale e la sua missione di guida spirituale. Il gesto può essere rivolto al popolo, ai malati, ai moribondi o ai santi

titolo S. Carlo in gloria
autore Morazzone anno 1618
Il crocefisso, che tiene in mano o che ha davanti, che simboleggia la sua fede e la sua imitazione di Cristo. Il crocefisso può essere accompagnato da un teschio, che richiama la sua meditazione sulla morte e la sua ascesi.

titolo S. Carlo Borromeo
autore Agostino Ciampelli anno XVII sec.

titolo S. Carlo in abiti pontificali
autore Guglielmo Caccia detto il Moncalvo anno XVII sec.
Nel dipinto L’angelo annuncia a San Carlo Borromeo la fine della peste di Teodoro Vallonio (1614), il santo è raffigurato in atteggiamento di preghiera tra gli appestati, con lo sguardo rivolto al cielo, dove un angelo discende portando il segno della cessazione del flagello. L’opera esprime uno dei temi iconografici più frequenti legati a San Carlo Borromeo: la sua intercessione presso Dio durante la peste di Milano del 1576-1577, simbolo della sua carità, del suo coraggio pastorale e della fiducia nella Provvidenza divina.

titolo L’angelo annuncia a San Carlo Borromeo la fine della peste
autore Teodoro Vallonio anno 1614
La peste che colpì Milano nel 1576-1577 venne appellata Peste di San Carlo proprio in riferimento alla figura dell’arcivescovo Carlo Borromeo, la cui instancabile opera di assistenza e di intercessione rimase impressa nella memoria collettiva. Egli non solo guidò spiritualmente la città durante l’epidemia, ma ne divenne il simbolo di speranza e di fede: visitò i malati, organizzò ospedali temporanei, promosse opere di carità e processioni di penitenza, rimanendo sempre in prima linea accanto ai sofferenti.

titolo Carlo Borromeo comunica un appestato
autore Tanzio da Varallo anno circa 1616
Per questo motivo, il popolo riconobbe in lui il vero pastore che non abbandonò il suo gregge nel momento del pericolo, attribuendo alla sua preghiera e al suo esempio la cessazione del morbo. L’epidemia fu così ricordata non tanto per la devastazione che causò, ma per la santità con cui Carlo Borromeo la affrontò, trasformandola in un evento di fede e di rinascita spirituale.
Fonti: Sosio Valter – santodelgiorno.it- chiesadimilano.it